Di nuovo una vittoria che dimostra l’incoerenza del Legislatore impegnato più a imporre una visione etica che a proteggere la salute e la libertà di decisione in questioni importanti per l’esistenza delle persone.
La legge 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita era già stata sottoposta al giudizio della Corte costituzionale con la sentenza 151/2009, che rilevando l’incostituzionalità di alcune norme, aveva riconosciuto la necessaria tutela delle giuste esigenze di procreazione, la priorità di salvaguardare la salute della donna. E inoltre, la Corte aveva precisato in merito al necessario bilanciamento dei diritti, la sussistenza di limiti per il Legislatore soprattutto ogniqualvolta le norme incidono su diritti fondamentali. In questo caso, il diritto alla salute e il principio di autodeterminazione delle persone nonchè l’autonomia del medico nella scelta delle metodiche più appropriate in ordine alle modalità.
La nuova questione decisa dalla Corte Costituzionale ha riguardato la donazione dei gameti vietata ai sensi dell’art. 4 comma terzo (cd fecondazione eterologa) ed è stata sottoposta al vaglio avendo quali parametri costituzionali gli articoli 2, 3, 29, 31, 32, comma 1 e 2, con riguardo alla irragionevolezza della norma, alla violazione del principio di uguaglianza fra coppie con problemi di carattere sanitario, al non rispetto della disciplina in materia di tutela della famiglia e della genitorialità. Il giudizio costituzionale è stato sollevato da tre coppie rispettivamente di Firenze, Milano e Catania davanti ai Tribunali di queste città nel 2010. Davanti alla Corte saranno discusse solo le ordinanze di Catania e Milano, non essendosi costituite le parti del processo di Firenze. I due procedimenti di Catania e Milano, discussi l’8 aprile davanti alla Corte Costituzionale, hanno avuto come collegio degli avvocati Marilisa D’Amico, avvocato e ordinario di diritto costituzionale dell’Università Statale di Milano, Maria Paola Costantini, Massimo Clara del Foro di Milano e Sebastiano Papandrea del Foro di Catania.
E’ tuttavia importante richiamare che nel giudizio ha avuto notevole rilevanza la dimensione europea e in particolare il confronto con i parametri della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (art. 8 e 14). I giudizi di Milano e Catania infatti avevano richiamato una sentenza della I sezione della Corte Edu e successivamente i giudici hanno dovuto riesaminare la questione di incostituzionalità perché subentrata la pronuncia della Grande Camera della Corte di Strasburgo del 3 novembre 2011, S.H. e altri c. Austria che riconoscendo un ampio margine di apprezzamento agli stati nazionali aveva rigettato il ricorso presentato da due coppie austriache. I principi di questa decisione sono risultati al contrario efficaci ai fini di dimostrare l’incostituzionalità del divieto. Così come il richiamo di alcuni principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.
La questione di legittimità costituzionale è stata fondata inoltre sulla presenza di un vuoto normativo in merito alla tutela delle coppie sterili e al contempo sull’assenza di un vuoto normativo in caso di eliminazione del divieto sussistendo già alcuni presupposti a garanzia dei nati nella stessa Legge 40 del 2004 riguardanti la protezione anche per le coppie sterili, il divieto di disconoscimento, il divieto di commercializzazione, la necessità di accedere a precise condizioni sanitarie e secondo indicazioni mediche, il divieto di legame tra donatore e futuro nato. Con l’eliminazione del divieto viene meno o si riduce l’accesso all’attuale mercato dei gameti e ai viaggi all’estero che producevano una forte discriminazione economica.
(a cura dell’avv. Maria Paola Costantini, difensore delle coppie davanti alla Corte Costituzionale, segretario Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo della Toscana