di Maria Paola Costantini
Con la sentenza n. 22 del 27 gennaio 2022, la Corte costituzionale ritorna sulla necessità di garantire piena tutela alle persone sottoposte a misure di sicurezza con problemi di salute mentale. Tale pronuncia è stata depositata nei medesimi giorni in cui l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (sentenza Sy c. Italia – 24 gennaio 2022,che è oggetto di commento in altra parte della presente newsletter: https://www.unionedirittiumani.it/newsletter/sy-c-italia/) La sentenza ricorda che in numerose occasioni la Corte EDU ha affermato che i governi nazionali debbono organizzare il proprio sistema carcerario in modo da assicurare il rispetto della dignità dei detenuti, indipendentemente da ogni difficoltà di tipo economico o logistico e che a fronte di tale obbligo, il governo italiano ha omesso, in assenza di posti disponibili in REMS (il motivo che di fatto ha determinato la detenzione in carcere del sig. Sy per quasi due anni), di trovare una qualsiasi soluzione alternativa alla detenzione in carcere. Il vero e proprio difetto sistemico italiano relativo alle lunghe liste di attesa per l’ingresso in REMS dei pazienti psichiatrici autori di reato ha originato anche una questione di costituzionalità innanzi la Corte costituzionale con riferimento agli art. 206 e 222 C.P, all’art. 3 ter D.L. 22.12.2011 n. 211, ed al D.L. 31.3.2014 n. 52 (sent. n. 22/2022) per le molteplici violazioni della Convenzione in un caso che riguardava il mantenimento della detenzione carceraria per una persona che aveva problemi psichiatrici.
Il caso sottoposto alla Corte costituzionale è stato sollevato da un giudice che aveva tentato ripetutamente senza esito l’applicazione provvisoria di una misura di sicurezza del ricovero presso una REMS ossia una residenza per l’esecuzione di misura di sicurezza, per una persona ritenuta affetto da infermità psichica e socialmente pericolosa, anche in correlazione al sistematico abuso di alcolici. La questione riguarda le competenze sanitarie attribuite alle Regioni dopo l’eliminazione degli ospedali psichiatrici giudiziari e il ruolo del DAP e del Ministero della Giustizia.
La pronuncia appare significativa sotto diversi profili. In primo luogo, si ribadisce la necessità che tali misure e in particolare l’assegnazione alle REMS sia conforme ai principi costituzionali con riguardo in particolare alle garanzie di cui agli art. 32 e 13 della Costituzione. Se è vero, infatti, che assolvono anche alla specifica funzione di contenimento della pericolosità sociale di chi abbia già commesso un reato o sia gravemente indiziato di averlo commesso, è primario dovere dell’ordinamento quello di cura della salute e di reintegrazione sociale.
La Corte ricorda inoltre che le REMS sono state inserite nei Livelli Essenziali di Assistenza. Conseguentemente, le Regioni dovrebbero rispettare gli obblighi e i doveri a loro assegnati. Si tratta di un difetto sistemico di effettività nella tutela dell’intero fascio di diritti fondamentali che una REMS mira a tutelare. Le rilevanti carenze attuale del sistema caratterizzato da un diffuso e significativo ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti, insieme al sovraffollamento, comporta un difetto di tutela effettiva delle potenziali vittime di aggressioni e, dall’altro, lede il diritto alla salute del malato, al quale nell’attesa non vengono praticati i trattamenti sanitari che dovrebbero essergli assicurati.
Un ulteriore profilo di interesse riguarda il richiamo che sia rispettata la riserva di legge in ambiti che riguardano la dignità umana e determinano il rispetto del principio personalista di cui all’art. 2 della Costituzione. In tal senso, la Corte richiama esplicitamente il legislatore, a colmare una grave lacuna. Di fatti, a seguito dell’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari tutto l’ambito è tuttora governato da regolamenti, senza che vi sia chiaramente indicato la modalità con cui si prevede e si gestisce il rapporto tra i diversi organismi competenti. Tale lacuna è risultata visibile dalle relazioni del Ministero della Salute, del Ministero della Giustizia e della Conferenza Stato-Regioni in cui sono palesi le gravi disfunzioni, tra cui le rilevanti liste di attesa, l’assenza in alcune regioni delle strutture o ancora il fatto che i provvedimenti restano ineseguiti per molti.
La Corte richiama in più punto della sentenza le decisione della Corte Europea dei diritti dell’uomo, non solo per quanto riguarda le violazioni dell’Italia in questo ambito ma anche come quadro di riferimento.