di Adriana Raimondi
Il Parlamento europeo, con risoluzione del 20 aprile 2023, ha richiesto con forza la depenalizzazione universale dell’omosessualità, alla luce dei recenti e preoccupanti sviluppi in Uganda.
Infatti, il primo marzo 2023, il parlamento ugandese ha adottato un disegno di legge che inasprisce le condanne e amplia l’ambito di applicazione della legislazione che criminalizza l’omosessualità e l’identità transgender, prevedendo la pena di morte per alcuni casi di “omosessualità aggravata”, sino a venti anni di carcere per il “tentativo di condotta omosessuale” e sino a 10 anni di carcere per chi promuova l’omosessualità.
Il disegno di legge in parola è assolutamente in linea con le politiche discriminatorie intraprese dall’Uganda negli ultimi tempi, che hanno portato alla chiusura, da parte dell’Ufficio nazionale ugandese per le organizzazioni non governative, di Sexual Minorities Uganda, la principale organizzazione del paese per i diritti delle persone LGBTIQ+.
Tale disegno di legge, che per l’approvazione finale necessita dell’avallo del Presidente Museveni, costituisce solo l’ultimo passo dell’Uganda percorso “in un contesto di intensificazione della retorica omofoba tra politici, leader religiosi e altre personalità della società ugandese, con una pressione sempre maggiore sulla società civile e un’esacerbazione dell’incitamento all’odio anti-LGBTIQ promosso dallo Stato”.
Ciò premesso, con la risoluzione in commento, il Parlamento europeo ha condannato tali manifestazioni di “fanatismo, pregiudizio e discriminazione”, ritendendo che l’approvazione di un siffatto disegno di legge costituisca una grave violazione del diritto internazionale.
Il Parlamento europeo, inoltre, ha colto l’occasione per esprimere preoccupazione “per gli attuali movimenti retorici anti-diritti, anti-gender e anti-LGBTIQ a livello globale, alimentati da alcuni leader politici e religiosi in tutto il mondo, anche nell’UE”, ritendo che “tali movimenti ostacolino notevolmente gli sforzi volti a conseguire la depenalizzazione universale dell’omosessualità e dell’identità transgender, in quanto legittimano la retorica secondo cui le persone LGBTIQ sono un’ideologia anziché esseri umani” e condannare fermamente “la diffusione di tale retorica da parte di alcuni influenti leader politici e governi nell’UE, come nel caso di Ungheria, Polonia e Italia”.
Dopo meno di un mese dalla condanna proveniente sempre dal Parlamento europeo per le istruzioni impartite dal governo italiano al Comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali (https://www.unionedirittiumani.it/newsletter/i-diritti-dei-figli-nati-da-pma-o-gpa-il-caso-italia-sulla-trascrizione-e-iscrizione-degli-atti-di-nascita/ ), arriva dunque un’ ulteriore ammonizione per l’Italia, paragonata, sul piano della tutela dei diritti delle persone LGBTQI+, alla Polonia e all’Ungheria.
Infine, il Parlamento europeo ha formulato il seguente appello ad agire:
– chiede la depenalizzazione universale dell’omosessualità e dell’identità transgender;
– chiede l’abolizione universale della pena di morte;
– esorta i 63 paesi che non l’hanno ancora fatto a conformarsi al diritto internazionale e ad adottare tutte le misure necessarie, legislative o di altro tipo, per garantire che l’orientamento sessuale e l’identità di genere non siano più passibili di sanzioni penali;
– invita il presidente ugandese Yoweri Museveni a non promulgare il disegno di legge e a rifiutarsi categoricamente di dare il suo assenso a qualsiasi iniziativa analoga in futuro, scoraggiando ulteriori tentativi in tal senso;
– invita la Commissione e il servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) a utilizzare tutti i mezzi diplomatici, giuridici e finanziari necessari a loro disposizione per convincere il presidente ugandese ad astenersi dal firmare il disegno di legge approvato dal parlamento ugandese;
– esorta l’esperto indipendente delle Nazioni Unite sulla protezione contro la violenza e la discriminazione basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere a interagire con celerità con il presidente e con il parlamento della Repubblica dell’Uganda, gli attivisti LGBTIQ+ e le autorità ugandesi al fine di ottenere un accesso illimitato al paese.
Soprattutto, se il disegno di legge dovesse essere firmato dal presidente ugandese e quindi entrare in vigore, il Parlamento invita la Commissione a prendere in considerazione la possibilità di revocare le preferenze EBA per l’Uganda a norma dell’articolo 19 del regolamento (UE) n. 978/2012 sulla base di gravi e sistemiche violazioni dei diritti umani, nonché a porre in essere ulteriori sanzioni, anche economiche.
La risoluzione in commento risulta un importante passo per la lotta ad ogni forma di discriminazione nei confronti delle persone LGBTIQ+ intrapresa dall’Unione europea, nonché un chiaro invito al legislatore italiano ad abbassare i toni e ad allinearsi sul piano della tutela dei diritti civili agli altri paesi europei, senza foraggiare l’insostenibile retorica secondo cui le persone LGBTIQ sarebbero “un’ideologia anziché esseri umani”.