di Valentina De Giorgio

Il 25 giugno 2024 è stata pubblicata la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea sulla questione pregiudiziale riguardante l’ex Ilva di Taranto (Causa C-626/22), in particolare in relazione ai c.d. decreti salva Ilva, una serie di norme speciali adottate dall’Italia per assicurare la continuità delle attività industriali della tristemente nota acciaieria tarantina.

La vicenda trae origine dalla domanda di pronuncia pregiudiziale formulata alla Corte di giustizia dal Tribunale di Milano ai sensi dell’art. 267 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), al fine di ottenere chiarimenti in relazione alla coerenza dei decreti salva Ilva con la disciplina comunitaria, in particolare con la direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali (c.d. IED, Industrial Emissions Directive). Tale direttiva, recepita dall’Italia con il d.lgs. n. 152/2006 (“Norme in materia ambientale”, c.d. Testo unico ambiente), è mirata alla riduzione delle emissioni industriali nocive in tutta l’UE attraverso l’applicazione delle migliori tecniche disponibili (best available techniques, BAT).

Il giudizio alla base del rinvio da parte del Tribunale di Milano – sospeso in attesa della pronuncia della Corte di giustizia – ha ad oggetto la prima class action italiana contro l’ex Ilva, un’azione collettiva promossa dai ricorrenti per la protezione dei diritti omogenei di circa 300.000 residenti del comune di Taranto e dei comuni limitrofi, al fine di ottenere un’inibitoria dell’esercizio dell’impianto o almeno di alcune sue parti, al fine di tutelare il diritto alla salute, il diritto alla serenità e alla tranquillità nello svolgimento della loro vita e il diritto al clima. A loro avviso, tali diritti sono significativamente lesi dall’attività produttiva dell’acciaieria, fortemente inquinante e dunque altamente dannosa per la salute umana.

Nell’ambito di tale procedimento, il giudice italiano ha ritenuto necessario sospendere il giudizio, rinviando, con ordinanza del 16 settembre 2022, la questione alla Corte di giustizia. In particolare, il Tribunale di Milano formulava tre quesiti relativi all’interpretazione della direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali.

La Corte di Lussemburgo ha replicato fornendo un’interpretazione estensiva della direttiva, diversa da quella fatta propria dal Governo italiano, sostenendo che essa:

  • deve essere interpretata nel senso che gli Stati membri sono tenuti a prevedere che una previa valutazione degli impatti dell’attività dell’installazione interessata tanto sull’ambiente quanto sulla salute umana costituisca atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame di un’autorizzazione all’esercizio di una tale installazione ai sensi di detta direttiva”;
  • deve essere interpretata nel senso che, ai fini del rilascio o del riesame di un’autorizzazione all’esercizio di un’installazione ai sensi di tale direttiva, l’autorità competente deve considerare, oltre alle sostanze inquinanti prevedibili tenuto conto della natura e della tipologia dell’attività industriale di cui trattasi, tutte quelle oggetto di emissioni scientificamente note come nocive che possono essere emesse dall’installazione interessata, comprese quelle generate da tale attività che non siano state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale di tale installazione”;
  • deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale ai sensi della quale il termine concesso al gestore di un’installazione per conformarsi alle misure di protezione dell’ambiente e della salute umana previste dall’autorizzazione all’esercizio di tale installazione è stato oggetto di ripetute proroghe, sebbene siano stati individuati pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana,” affermando che, “[q]ualora l’attività dell’installazione interessata presenti tali pericoli, l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva esige, in ogni caso, che l’esercizio di tale installazione sia sospeso”.

Dunque, spetterà al Tribunale di Milano valutare se l’impianto siderurgico dell’ex Ilva si dimostra pericoloso per la salute. Nel caso di risposta affermativa, l’attività dell’acciaieria dovrà essere sospesa.