di Adriana Raimondi
Con ordinanza n. 12282/2024, la Corte di cassazione si è pronunciata su un caso riguardante la richiesta di una donna (presentata in pendenza di un procedimento di divorzio), genitore collocatario, di trasferirsi unitamente ai figli in un comune situato a diversi chilometri di distanza dalla residenza paterna.
In particolare, la vicenda originava dal ricorso ex art. 709 ter presentato dalla signora L. al Tribunale di Napoli al fine di ottenere l’autorizzazione a trasferirsi, unitamente ai tre figli minori, in Pordenone (a 850 km circa da Napoli, comune di residenza del padre), assumendo di avere ricevuto un’offerta di lavoro da parte di una struttura polispecialistica privata.
Il Tribunale di Napoli, senza modificare il regime di affido condiviso e senza alcuna istruttoria, accoglieva la richiesta di trasferimento in Pordenone sulla base dell’asserita offerta di lavoro. Tale decisione veniva confermata dalla Corte di Appello in sede di reclamo.
Con ricorso in Cassazione, il sig. T. lamentava la mancata considerazione, da parte del Giudice di merito, degli elementi stigmatizzati dallo stesso per opporsi al trasferimento dei figli, nonché la mancanza di un’adeguata motivazione sul punto. Il Giudice di merito dichiarava di essere pervenuto all’impugnata decisione tenendo esclusivamente in considerazione le inequivoche volontà espresse dai minori, intese come favorevoli al trasferimento.
La Cassazione, apparentemente discostandosi da alcuni suoi precedenti (si veda ad es. Cass. 13619 del 4 giugno 2010 secondo cui ai fini del nulla-osta al trasferimento è sufficiente dimostrare di avere trovato un posto di lavoro nel luogo di arrivo, oppure Cass. 11062 del 19 maggio 2011, secondo cui il trasferimento del genitore collocatario nel paese di origine può essere giustificato dalla circostanza per cui ivi egli potrà godere del sostegno della propria famiglia), nell’accogliere il ricorso del padre, statuiva il principio per cui “Il trasferimento dei figli in località distante parecchi chilometri da quella di residenza del padre, se di ostacolo alla frequentazione del genitore coi figli nonostante al primo sia stata riconosciuta la “facoltà di vederli e tenerli quando desidera”, può essere lesivo del diritto alla bigenitorialità”.