Di Clara Szalewicz

“Questo non è solo un fallimento. È un tradimento” hanno affermato i rappresentanti del blocco dei Paesi meno sviluppati all’esito della COP29 di Baku, in Azerbaigian.

Come preannunciato, durante la conferenza si è trattato prevalentemente della questione della finanza climatica, cioè degli aiuti economici con cui i paesi più ricchi e storicamente responsabili per le emissioni di gas serra si sono impegnati a sostenere quelli meno sviluppati dal punto di vista economico.

Diverse le difficoltà e le contraddizioni constate durante gli incontri. Mentre la Cina è ancora considerata una nazione in via di sviluppo (e quindi non partecipa obbligatoriamente agli aiuti), l’Arabia Saudita, la cui economia dipende quasi esclusivamente dal petrolio e dai combustibili fossili, ha tentato in tutti i modi di indebolire l’accordo, cercando di espungere dal testo dell’accordo raggiunto l’anno scorso il passaggio che parla di “allontanarsi gradualmente dai combustibili fossili nei sistemi energetici”, principale successo della COP28.

Oltre al tema della finanza climatica, ampiamente affrontato, sono stati trattati, tra gli altri: il programma di lavoro sulla mitigazione, l’art. 6 dell’Accordo di Parigi, politiche di genere e diritti.

L’accordo è stato faticosamente raggiunto e prevede aiuti per 1.300 miliardi di dollari l’anno In realtà, solo circa 300 miliardi arriveranno come contributi e prestiti a basso interesse da parte dei paesi sviluppati (quindi come reali aiuti), mentre per gli altri 1.000 miliardi ancora nulla è stato definito (verosimilmente potranno provenire da finanziatori privati, aziende, tasse sull’aviazione e altro).

Dopo la conferenza di quest’anno, descritta come un fallimento da molte nazioni in via di sviluppo, il mondo si prepara alla conferenza del prossimo anno a Belém, in Brasile, per risolvere le questioni urgenti non affrontate a Baku.

Con un’altra presidenza Trump all’orizzonte, i Paesi in via di sviluppo e gli attivisti sono preoccupati per l’aggravarsi degli effetti del cambiamento climatico, mentre il mondo si avvicina al punto di non ritorno.