di Sabrina Izzo
Il 13 dicembre scorso gli stati membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si sono espressi circa la proposta di risoluzione firmata da Niger e Irlanda, pensata per formalizzare il tanto discusso collegamento tra cambiamento climatico e sicurezza.
Nello specifico, lo scopo del testo era quello di pervenire finalmente ad un’integrazione esplicita del cosiddetto climate-related security risk, ovverosia del rischio securitario originato da fattori climatici, nelle strategie di prevenzione dei conflitti elaborate ed implementate dal Consiglio. Invero, già a partire dal 2017 con l’adozione della risoluzione 2349 il Consiglio di sicurezza prendeva atto degli effetti avversi del cambiamento climatico sulla stabilità della regione del Lago Chad, annoverando tra i fattori di rischio la scarsità delle risorse idriche, la siccità, la desertificazione, l’insicurezza alimentare e il degrado del suolo.
La proposta di risoluzione discussa il 13 dicembre, dunque, avrebbe rappresentato indubbiamente uno step importante per la creazione di una prassi consiliare di tipo generale, sistematico e preventivo, che avrebbe trovato il suo fondamento nel capitolo VI della Carta ONU superando in tal modo il modus operandi episodico del Consiglio in materia. Ciò detto e nonostante dodici voti a favore, il testo ha incontrato l’ostacolo insormontabile del veto russo, in linea con il parere contrario dell’India. L’unica ad astenersi è stata la Cina, tradizionalmente cauta sull’issue del cambiamento climatico e avversa all’idea di una vera e propria securitization formale del tema. Analogamente, la Russia ha giustificato la scelta di veto in ragione del fatto che, come peraltro chiarito dal rappresentante di Mosca all’ONU Vassily A. Nebenzia, il Consiglio di sicurezza onusiano non risulta essere il forum adatto per condurre dibattiti in materia di lotta al cambiamento climatico, da sempre un tema divisivo per la comunità internazionale. Secondo l’opinione della Russia, quindi, il Consiglio dovrebbe occuparsi di clima e sicurezza muovendosi entro le coordinate d’azione classiche: per i discorsi sui cambiamenti climatici ed il relativo impatto, sarebbe preferibile fare riferimento ad arene quali quella istituita dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992 (UNFCC).
A nulla è dunque valsa l’insistenza dei paesi proponenti, portavoci di un idem sentire che, in sede di Consiglio, ha negli anni condotto a molteplici riunioni tematiche ad hoc organizzate ex art. 24 della Carta dell’ONU.