Il 10 novembre 2022, le autorità egiziane hanno negato l’ingresso in Egitto all’attivista per i diritti umani Giorgio Caracciolo, vicedirettore dei programmi internazionali di DIGNITY e membro del comitato esecutivo di EuroMedRights, imponendogli di lasciare l’aeroporto internazionale del Cairo con un volo per Parigi. Caracciolo, che secondo un esperto era in possesso di un visto d’ingresso valido per l’Egitto e di un QR Code per l’accesso alla Green Zone della COP27, avrebbe dovuto appunto partecipare alla COP27, avendo in programma di incontrare, tra l’altro, difensori dei diritti umani egiziani e funzionari di vari governi presenti. Le autorità egiziane non gli hanno fornito alcuna motivazione per la revoca del visto e per il diniego all’ingresso.
Il diniego di ingresso in Egitto opposto a Caracciolo conferma le preoccupazioni già precedentemente espresse circa le restrizione imposte alla società civile in vista della COP27, in un contesto di sistematica repressione dei diritti alla libertà di espressione, di riunione e di associazione. Fin dall’inizio, il governo egiziano ha cercato di mettere in ombra e di far tacere la società civile indipendente alla COP27.
Le autorità egiziane hanno tentato di bloccare la partecipazione delle ONG egiziane indipendenti alla conferenza attraverso un procedimento di registrazione unico, poco chiaro e segreto per i gruppi egiziani. Nel periodo precedente la COP27, le organizzazioni per i diritti umani hanno documentato la detenzione arbitraria e l’interrogatorio di decine di persone da parte della Procura suprema per la sicurezza dello Stato, con l’accusa di aver sostenuto istanze di protesta pacifica durante la conferenza. Gli attivisti per l’ambiente egiziani hanno espresso la preoccupazione che la partecipazione alla COP27 possa portare ad atti di rappresaglia da parte delle autorità egiziane dopo la conclusione della conferenza.
Attraverso la leadership di Caracciolo, DIGNITY ha lottato per anni contro le pratiche sistematiche di tortura e trattamenti inumani e degradanti perpetrate dell’Egitto. Gli attacchi e la marginalizzazione delle voci critiche e degli attivisti per i diritti umani da parte dell’Egitto, anche attraverso il divieto di ingresso nel paese posto a Caracciolo, minano l’integrità della COP27 e impediscono alla società civile di partecipare in modo significativo alla Conferenza delle Parti.
Invitiamo gli Stati che partecipano alla COP27 a esprimere il loro profondo sgomento per il rifiuto di ingresso posto a Caracciolo e a sollecitare le autorità egiziane a rispondere alle urgenti preoccupazioni in materia di diritti umani, tra cui:
– garantire il diritto alla libertà di associazione chiudendo tutte le indagini a sfondo politico sul legittimo lavoro delle ONG, eliminando tutte le restrizioni poste alla società civile indipendente, compresi i divieti di viaggio e il congelamento dei beni, e consentendo la loro partecipazione senza ostacoli alla COP27;
– eliminare tutte le restrizioni sproporzionate al diritto alla libertà di espressione e garantire la libertà dei media;
– modificare la legislazione sul diritto alla libertà di riunione pacifica per conformarsi agli obblighi internazionali dell’Egitto in materia di diritti umani, consentire il pieno esercizio dei diritti alla libertà di riunione e di espressione pacifica durante e dopo la COP27 e dare istruzioni alle forze di sicurezza di astenersi dall’uso della forza illegale nel vigilare le proteste durante e dopo la COP27;
– rilasciare immediatamente e incondizionatamente Alaa Abdel Fattah e altre persone detenute arbitrariamente in Egitto solo per aver esercitato i loro diritti umani alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica.
L’incapacità degli Stati partecipanti alla COP di sollecitare le autorità egiziane a rispondere a queste preoccupazioni li incoraggia effettivamente a usare la COP27 come mezzo per offuscare la difficile situazione dei diritti umani in Egitto, il che finirà per esacerbare la crisi dei diritti umani in corso nel Paese.
*Leggi il testo in lingua originale del comunicato stampa di FIDH cliccando qui.
**Traduzione a cura della Redazione