L’Italia deve introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso. Così ha deciso lo scorso 21 luglio la Corte europea dei diritti dell’uomo chiamata a pronunciarsi nel caso Oliari e altri c. Italia.
Una storica sentenza che costituisce una vittoria anche per l’Unione forense per la tutela dei diritti umani(UFTDU), da sempre in prima linea per garantire la corretta conoscenza delle norme a tutela dei diritti umani e promuoverne l’osservanza concreta ed effettiva in sede giurisdizionale, stragiudiziale, amministrativa e legislativa.
Proprio nel caso Oliari c. Italia, infatti, la nostra associazione ha pesentato, insieme ad altre cinque ONG e per tramite del network della FIDH, una richiesta formale di autorizzazione a prendere parte come terzo interveniente nel processo, richiesta che era stata autorizzata. Nell’intervento si sottolineava, mediante un approccio comparato dei diritti umani sulla discriminazione sessuale, per quali ragioni la Corte avrebbe dovuto dichiarare le domande ricevibili e constatare nel merito la violazione della Convenzione europea. (vedasi sul punto il comunicato stampa della FIDH).
I giudici di Strasburgo, in accoglimento del ricorso, hanno condannato all’unanimità il nostro Paese per la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU) di tre coppie omosessuali. In particolare, la Corte ha condannato l’Italia per il vuoto normativo sul tema, affermando che “la tutela giuridica attualmente in vigore in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”. E la condanna arriva proprio mentre in Senato l’iter della legge che riconosce le unioni civili – il cosiddetto ddl Cirinnà – è bloccato dall’ostruzionismo dei partiti e dalle lungaggini parlamentari.
Adesso non resta che attendere e vedere cosa farà l’Italia per adeguarsi alla sentenza della Corte. La sentenza di condanna, infatti, diverrà definitiva se entro tre mesi non verrà richiesto da parte del governo un rinvio alla Grande Camera per il riesame della controversia. Richiesta che, viste le prime esternazioni di autorevoli membri del governo Renzi, sembra scongiurata.