Di Adriana Raimondi
Con la sentenza resa nel caso Drelon c. Francia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato la violazione dell’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della CEDU in un caso relativo alla conservazione, da parte del servizio francese di donazione del sangue (EFS), di dati personali del ricorrente che riflettevano il suo presunto orientamento sessuale.
In particolare, i ricorsi proposti dal ricorrente riguardavano, il primo, la raccolta e la conservazione da parte del servizio francese di donazione del sangue di dati personali che riflettevano il suo presunto orientamento sessuale e, il secondo, il rifiuto oppostogli al tentativo di donazione di sangue basato sui criteri allora vigenti, che impedivano la donazione agli uomini che avevano avuto rapporti sessuali con altri uomini nei 12 mesi precedenti.
Il ricorrente, su queste basi, adiva la Corte EDU per sentir dichiarare la violazione dell’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) da solo e in combinato disposto con l’articolo 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.
La Corte costatava che la raccolta e la conservazione di dati personali sensibili avesse costituito un’ingerenza nel diritto del ricorrente al rispetto della sua vita privata. Infatti, sebbene la raccolta e la conservazione dei dati personali relativi ai candidati donatori di sangue contribuisse a garantire la sicurezza delle trasfusioni, è particolarmente importante che i dati raccolti siano accurati, aggiornati, pertinenti e non travalichino gli obiettivi perseguiti; soprattutto, il periodo di conservazione dei dati deve essere limitato a quanto strettamente necessario.
La Corte osservava in primo luogo che, nonostante il ricorrente si fosse rifiutato di rispondere alle domande relative al suo orientamento sessuale, i dati raccolti includevano una controindicazione alla donazione di sangue specifica per gli uomini che avevano avuto rapporti sessuali con altri uomini, sulla base, dunque, di mere speculazioni non sorrette da alcuna base fattuale comprovata. In secondo luogo, la Corte riteneva che l’eccessivo periodo di conservazione dei dati sensibili avesse reso possibile l’automatica e ripetuta esclusione del ricorrente dal novero dei donatori di sangue.
Per i motivi menzioni la Corte dichiarava, rispetto al primo ricorso, la violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
La sentenza in commento fornisce l’occasione per riflettere sui limiti ancora imposti da molti stati nel mondo relativamente alla possibilità di donare il sangue per gli uomini MSM (dall’inglese “men who have sex with men”). Tale limitazione, talvolta consiste nell’imposizione di un periodo prolungato di sospensione dei rapporti sessuali prima della donazione da parte dei donatori MSM, talaltra in un divieto assoluto di donazione per questa categoria di persone.
In Francia è recentemente venuta meno l’imposizione di un periodo di sospensione dei rapporti sessuali per le donazioni di sangue da parte di uomini che abbiano avuto rapporti con altri uomini. Finalmente, anche qui, varranno per tutti le regole generalmente vigenti in materia di donazione del sangue e non dipendenti dall’orientamento sessuale.