di Sabrina Izzo
A partire dal 17 novembre scorso l’Italia ha ufficialmente assunto il ruolo di guida del Consiglio d’Europa, sostituendo l’Ungheria alla presidenza del Comitato dei Ministri. Tra gli obiettivi operativi inclusi nell’agenda italiana per il prossimo semestre risalta certamente la volontà di revitalizzare i valori fondanti della cultura europea in materia di diritti umani: invero, ad essere inclusi nel programma d’azione della presidenza italiana sono in primis i diritti delle donne e la necessità di incentivarne l’empowerment, unitamente ai diritti dei bambini e degli adolescenti ed alla promozione di policies ad hoc per i giovani. Naturalmente, non mancano riferimenti alla necessaria lotta contro le discriminazioni: si tratta di temi ormai classici e di notevole importanza.
Ciò detto, rimangono alcune perplessità circa la poca risonanza data dal governo italiano al passaggio di testimone avvenuto tra il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio ed il presidente uscente, il Ministro degli Affari Esteri e del Commercio ungherese Péter Szijjártó.
Tale circostanza appare assai più evidente se paragonata all’avvio parallelo della presidenza francese del Consiglio dell’Unione Europea. Nell’inaugurare la presidenza, infatti, il presidente Emmanuel Macron ha fissato pubblicamente alcuni target specifici per il semestre, puntando all’istituzione di salari minimi in tutta l’Unione, all’accelerazione della transizione ambientale ed alla regolamentazione efficiente del digitale, segnatamente mediante l’adozione del Digital Market Act. Si tratta indubbiamente di un ampio programma tripartito di notevole precisione ed ambizione che risulta effettivamente in contrasto con la presentazione dell’agenda italiana, la quale, nei fatti, sembra essere stata introdotta in sordina.
Tra le motivazioni alla base della grande attenzione pubblica conferita all’avvio della presidenza della Francia, verosimilmente, è necessario annoverare la coincidenza di quest’ultima con le elezioni presidenziali previste per il prossimo aprile e con le legislative fissate invece per il mese di giugno.
Ciò detto, fermo restando la consapevolezza della maggiore notorietà propria dell’Unione Europea, un’azione decisa del governo italiano volta a conferire il giusto lustro ad un’istituzione fondamentale quale il Consiglio d’Europa sarebbe comunque indubbiamente auspicabile.
Per un quadro esaustivo dell’agenda italiana per la presidenza al Consiglio d’Europa, si rimanda a https://www.coe.int/en/web/presidency.