di Emilio Robotti
La decisione della Corte Europea dei Diritti dell’uomo Armeni c. Italia pubblicata il 16 febbraio 2023 riguarda un giovane, paziente psichiatrico, detenuto in carcere nonostante l’essere sottoposto alla misura di sicurezza del ricovero in una REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) sin dalla fase cautelare del procedimento penale, all’esito del quale il sig. Armeni era stato dichiarato affetto da vizio totale di mente, con conseguente assoluzione dal reato contestato e conferma dell’esecuzione della misura di sicurezza in REMS, nella quale, tuttavia, non era mai stato trasferito per mancanza di posti disponibili, venendo così anche provato delle cure necessarie per la propria patologia psichiatrica.
La Corte aveva già deciso un caso, Sy c. Italia nel quale l’Italia era stata condannata per violazione della CEDU con riferimento all’art. 3 (proibizione di trattamenti inumani o degradanti), violazione dell’art. 5§1 (diritto alla libertà ed alla sicurezza personale), dell’art. 5§5 (diritto ad un risarcimento), dell’art.6§1 (diritto da un giusto processo), dell’art. 34 (diritto ad un ricorso individuale) per la detenzione in carcere di un altro paziente psichiatrico, assolto a causa di vizio totale di mente e sottoposto a misura di sicurezza in REMS, ma detenuto per lungo periodo comunque in carcere. Della questione REMS, inoltre, si era interessata anche la Corte Costituzionale italiana con la Sentenza n. 22 del 27 gennaio 2022.
Proprio per evitare un’altra sicura condanna anche nel caso Armeni, il Governo italiano ha in tale occasione riconosciuto le violazioni lamentate dal ricorrente, chiedendo alla Corte di radiare il ricorso dal ruolo ai sensi dell’art. 37 CEDU ed offrendo una somma a titolo di risarcimento danno e spese.
Di fronte a tale dichiarazione unilaterale, il ricorrente aveva dichiarato sia di ritenere insufficiente la somma proposta, sia denunciato l’assenza di un serio impegno del governo italiano a garantire i diritti dei pazienti autori di reato in Italia, tra i quali il grave problema strutturale rappresentato dalla cronica mancanza di posti disponibili nelle REMS.
Tuttavia, la Corte, in base alla propria giurisprudenza (Gerasimov et autres c. Russie, nos 29920/05 et 10 autres, §§ 135‑137, 1er juillet 2014, Kungurov c. Russie, no 70468/17, §§ 11-13, 18 février 2020, et Tomov et autres c. Russie, nos 18255/10 et 5 autres, §§ 98‑99, 9 avril 2019) e pur riconoscendo al ricorrente il diritto ad un rimborso ulteriore per le spese di giudizio sopportate, ha valutato non poter dichiarare l’esistenza di un problema strutturale, essendo i ricorsi in materia di REMS contro l’Italia ancora pendenti in numero inferiore a dieci ed avendo deciso ad oggi un solo caso (Sy c. Italia già citato).
Pertanto, La Corte di Strasburgo, in applicazione dell’art. 37 § 1 della Convenzione, ha disposto la radiazione dal ruolo del ricorso Armeni (che potrà essere riassunto, nel caso lo stato italiano non rispettasse entro il termine di tre mesi la propria dichiarazione unilaterale).
Se in punto di diritto la decisione della Corte può essere ritenuta corretta, essa tuttavia ha un sapore amaro, non solo per il ricorrente.
Il problema delle REMS affrontato nei casi Sy c. Italia e Armeni c. Italia dalla Corte di Strasburgo rappresenta infatti solo la punta dell’iceberg rispetto alla condizione dei pazienti psichiatrici autori di reato e ed alla stessa situazione della salute mentale in Italia.
Come ha infatti accertato la stessa Corte Costituzionale nella propria Sentenza n. 22/2022, “secondo il Sistema informativo per la salute mentale (SISM), nell’anno 2019 la spesa complessiva per l’assistenza psichiatrica è stimata pari a 65 euro per residente. A livello nazionale, la spesa ammonta a 3,3 miliardi di euro, pari a circa il 2,9 per cento della spesa per il SSN – una percentuale in riduzione rispetto agli anni precedenti. A livello regionale, la percentuale appare differenziata, e in ogni caso nettamente inferiore all’impegno assunto dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in occasione della prima Conferenza nazionale sulla salute mentale nel gennaio 2001, di destinare almeno il 5 per cento dei fondi sanitari regionali per le attività di promozione e tutela della salute mentale.”.
Per la salute mentale in Italia, insomma, si spende oggi, nel 2023, circa la metà di quanto ritenuto necessario oltre venti anni fa.