di Francesca Toppetti
Non può essere un caso che il 21 SETTEMBRE si celebrino – simultaneamente – due giornate internazionali: quella della pace e quella della gratitudine
PACE: una piccola parola in cui è racchiusa la salvezza del mondo intero, oggi più che mai in pericolo. La pace non è solo l’assenza di conflitti, ma la concreta rimozione delle cause che li generano. La Pace è lo strumento migliore in cui si manifesta la Giustizia.
Viviamo in un mondo in affanno, trasformato in una gigantesca vetrina mediatica, in cui pare esserci una urgenza irrefrenabile di rinunciare ad ogni forma di riservatezza e di rispetto della propria intimità, cui non si attribuisce alcun valore, perché esiste solo ciò che appare, perché una vita che non si mostra e che non si svela non serve e non appaga, considerato che c’è chi pensa che chi non è visibile, non esiste.
GRATITUDINE: un sentimento che nutre l’animo di chi ha ricevuto un qualche beneficio con il desiderio di poterlo ricambiare; la Gratitudine è il sentimento più vicino alla Felicità.
Educare alla gratitudine significa coltivare la pace. Le persone sane psichicamente sono capaci di riconoscere il bene ricevuto e di dire grazie con le parole e con le scelte, ma quando manca l’equilibrio interiore la persona beneficiata inizia a coltivare sentimenti di invidia, operando, in modo inconscio, una trasfigurazione del proprio benefattore.
L’Assemblea generale dell’Onu, nel 1978, nell’ art. 1 della risoluzione 33/73 sulla preparazione delle società a vivere in pace ha dichiarato il diritto umano a vivere in pace, per ogni nazione e per ogni essere umano.
Ogni essere umano è chiamato a costruire laboratori di pace in ogni situazione in cui sia chiamato a vivere e ad operare.
Cambiare lo sguardo e imparare la gratitudine, scioglie i nodi e dissolve le barriere.
Ucraina, Palestina, Nigeria, Siria…sono oltre 56 i conflitti oggi registrati dagli osservatori per la Pace, con la proiezione di un mondo in guerra, se così tante sono le guerre nel mondo.
Se non possiamo, in prima persona, pretendere di fermare nessuna delle tragiche guerre che imperversano sempre più acremente in tante parti del nostro pianeta, come avvocati e giuristi abbiamo il dovere – in quanto cittadini e cittadine di un mondo senza più nitidi confini, quanto a connessioni e comunicazioni – di non sprecare nessuna occasione di fare la pace, di alleviare i ruoli dei magistrati, di ringraziare chi ci è venuto incontro in qualche modo, di non arrenderci sui terreni di scontro in cui siamo spesso chiamati a lavorare, per insegnare ai più giovani colleghi e per far capire a tutti quelli che incontriamo quanto valore ha un conflitto risolto, una pace raggiunta, una contesa evaporata grazie all’impegno ed alle doti di perseveranza di chi avrebbe potuto coltivare il conflitto ed ha lavorato, invece, per portarlo a pacificazione.