di Simona Sagone
L’invasione russa sui territori dell’Ucraina continua a protrarsi e, in concomitanza, i diritti umani e le libertà fondamentali vengono violate ormai quotidianamente.
Due cittadini britannici che hanno deciso di combattere a fianco dei militari ucraini, sono stati condannati a morte dalla Corte suprema, nel corso di un processo svoltosi nella città di Donetsk, controllata attualmente dai separatisti filorussi.
L’accusa mossa è stata quella di combattere come mercenari e di aver compiuto atti di terrorismo, nonostante i due cittadini prestassero servizio alle Forze armate ucraine, e vivessero stabilmente nel Paese da molti anni. La legge applicata è stata quella della Repubblica popolare di Donetsk, perché i reati in questione sono stati commessi su quel territorio.
Secondo il governo britannico, i due cittadini, in quanto appartenenti al corpo militare ucraino, e in quanto condannati durante il periodo dell’invasione russa, dovrebbero essere protetti dalla Convenzione di Ginevra, e quindi trattati come prigionieri di guerra: la sentenza rappresenterebbe dunque una grave violazione della suddetta violazione.
Infatti, secondo l’art. 13 della Convenzione, “I prigionieri di guerra devono essere trattati sempre con umanità. Ogni atto od omissione illecita da parte della Potenza detentrice che provochi la morte o metta gravemente in pericolo la salute di un prigioniero di guerra in suo potere è proibito e sarà considerato come una infrazione grave della presente Convenzione”.
La Segretaria generale del Consiglio d’Europa Marija Pejcinovic Buric ha fortemente condannato la sentenza, considerandola come un grave attentato alla dignità umana e un trattamento inumano e degradante. L’art. 1 del Protocollo n. 13 CEDU, infatti, prevede l’abolizione della pena di morte in tutti gli ordinamenti dei suoi Stati Membri.
Tuttavia, la Russia ha mostrato di ripudiare i valori fondamentali previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, violando l’art. 3 dello Statuto del Consiglio d’Europa; di conseguenza è stata espulsa dal Consiglio d’Europa lo scorso 16 marzo, tramite la procedura prevista dall’art. 8 del medesimo Statuto.
Lo scorso 30 giugno, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha concesso misure provvisorie ai due cittadini, chiedendo alla Federazione Russa di garantire che la pena di morte inflitta ai ricorrenti non venisse eseguita, nonché condizioni di detenzione adeguate, comprese di assistenza medica e fornimento dei farmaci necessari. La Corte ha inoltre indicato al governo dell’Ucraina di garantire, per quanto possibile, il rispetto dei diritti della Convenzione dei ricorrenti.
La CEDU era intervenuta in un caso simile a quello dei cittadini britannici, emanando una misura provvisoria a seguito dell’istanza presentata il 14 giugno da un cittadino marocchino, anch’esso condannato a morte dal tribunale della Repubblica del Donetsk.
Il cittadino marocchino aveva ricevuto la condanna lo stesso giorno dei due cittadini britannici, essendo stato accusato di aver commesso i loro medesimi reati, previsti dal Codice penale della Repubblica.
Nell’accogliere la richiesta di misure provvisorie, la Corte EDU aveva richiamato l’attenzione del governo russo sul rispetto del diritto alla vita e del divieto di trattamenti inumani e degradanti, chiedendo che non venisse applicata la pena di morte e che venissero assicurate le condizioni adeguate alla detenzione, compresa l’assistenza medica e il fornimento dei farmaci necessari.
Nella specie, la Corte di Strasburgo ha dato alla Russia due settimane di tempo per dimostrare il rispetto dei diritti previsti dalla Convenzione. La misura provvisoria è stata emanata per permettere ai giudici di Strasburgo il tempo necessario ad esaminare la questione della giurisdizione nella zona in cui il ricorrente è detenuto, tenuto conto che il richiedente avrebbe corso un rischio reale di danno irreversibile.