Di Maria Paola Costantini

Il 15 settembre scorso il Parlamento europeo ha approvato con 433 voti favorevoli, 123 contrari e 28 astensioni il testo di una risoluzione (P9_TA (2022)0324) sulla proposta di decisione del Consiglio in merito alla constatazione circa l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell’Ungheria dei valori sui cui si fonda l’Unione Europea.

La Commissione europea ha proposto inoltre il taglio del 65% dei fondi di coesione dell’Ungheria (pari a 7,5 miliardi di euro) avendo valutato il permanere di un rischio per il budget dell’Unione Europea attese le numerose violazioni da parte ungherese.

Nella risoluzione si prende atto di un ulteriore deterioramento della situazione di violazione che riguarda ben 12 aree e che giova citare in modo esplicito non solo per la loro gravità, ma perché il documento può costituire un monito anche nei confronti di altri paesi, appartenenti alla UE.

Le aree prese in considerazione sono:

  • il funzionamento dei sistemi costituzionale ed elettorale,con l’adozione di provvedimenti e il loro prolungamento diretti a istituire uno stato di emergenza e a governare con decreti, a limitare il potere delle opposizioni, a interferire nelle autonomie locali, a modificare leggi fondamentali senza consultazione pubblica; indebolendo il sistema democratico;
  • l’indipendenza della magistratura e di altre istituzioni, adottando decisioni discrezionali e concentrando poteri ampi in un ristretto numero di persone, in assenza di controlli e contrappesi efficaci, tentando di sottoporre il potere giudiziario alla volontà del ramo legislativo;
  • la corruzione e i conflitti di interesse, con rinvii nell’adozione di misure e di controlli. Anche in considerazione della rilevante percentuale di mancato recupero di quanto percepito mediante frode ai fondi di sviluppo europeo assegnati all’Ungheria ed essendo stati dimostrati problemi sistemici che rappresentano un rischio per gli interessi finanziari della UE;
  • la privacy e la riservatezza dei dati, area in cui è stata rilevata l’assenza di garanzie e rischi senza precedenti anche per l’utilizzo dello spyware Pegasus nei confronti di attivisti, giornalisti, avvocati e politici. Tra il 2018 e il 2021 sarebbero stati sorvegliati circa 300 cittadini ungheresi;
  • la libertà di espressione e il pluralismo dei media, con un accertato rischio per la loro indipendenza editoriale, essendo continuamente erogati ingenti volumi di pubblicità statale,
  • la libertà accademica, con la privazione di autonomia ad esempio alla Accademia delle Scienze e imponendo programmi di studio, escludendone altri;
  • la libertà religiosa;
  • la libertà di associazione, introducendo restrizioni discriminatorie e ingiustificate alle donazioni, oltre a norme di controllo sulla società civile, imponendo tasse alle associazioni che si occupano di assistenza ai migranti;
  • il diritto alla parità di trattamento, inclusi i diritti delle persone LGBTIQ, con – tra le altre – l’obbligo di fornire informazioni su una divergenza rispetto si ruolo di genere tradizionale degli autori dei libri, limitando la libertà di espressione di autori e di editori nonché limitazioni al diritto di riconoscimento giuridico delle persone transgender; con l’adozione di una risoluzione in cui si respinge la ratifica della Convenzione di Istanbul; sull’allontanamento dalle proprie famiglie dei minori con difficoltà; sulla rappresentanza femminile nelle diverse istituzioni;
  • i diritti delle persone appartenenti a minoranze, compresi i rom e gli ebrei, e la protezione dalle dichiarazioni di odio contro tali minoranze,
  • i diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo e dei profughi;
  • i diritti economici esociali, con riferimento ai gruppi più vulnerabili.

Nella risoluzione sono richiamate decine e decine di sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo in cui sono state riscontrare violazioni alla libertà di espressione; al rispetto della vita personale e famigliare in ordine alle misure di sorveglianza segreta; alla libertà di associazione e alla libertà di religione; al rispetto dei diritti delle persone trangender, tra cui quello del riconoscimento giuridico.

La Risoluzione del Parlamento richiama anche il Consiglio ad avere un ruolo più forte su questi temi e sulle procedure di controllo e di verifica, invitandolo a dedicare maggiore attenzione allo smantellamento sistemico dello stato di diritto. Il mancato controllo delle violazioni dello stato di diritto mina le istituzioni europee, finendo per pregiudicare i diritti umani e la vita di tutti nel paese in cui hanno luogo le violazioni, Invita inoltre la Commissione Europea ad avvalersi di tutti gli strumenti disponibili per far fronte a un evidente rischio di violazione grave dei valori fondanti dell’Unione.