di Maria Paola Costantini
Il 20 maggio, la prima Commissione del Senato italiano ha approvato, in un testo unificato da diverse proposte di legge, la modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione per introdurvi un’esplicita tutela dell’ambiente. Le modifiche costituzionali sono due. Dopo il secondo comma dell’articolo 9 per il quale la Repubblica «Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione» viene aggiunto un nuovo comma: «Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme della tutela degli animali». In più all’articolo 41 – fuori dai principi fondamentali ma anche questo mai toccato in 73 anni – che stabilisce che l’iniziativa economica «Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» viene aggiunto «alla salute, all’ambiente». Infine, al terzo comma dell’articolo 41 dov’è stabilito che «La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali» viene aggiunto «e ambientali».
Sarebbe prematuro esprimere soddisfazione ma quanto avvenuto al Senato può costituire un segnale importante se posto in relazione alla sentenza della Corte federale costituzionale tedesca che il 29 aprile ha dichiarato incostituzionale la legge federale sui cambiamenti climatici del 12 dicembre 2019 (Bundes Klimaschutzgesetz – KSG) che disciplina gli “obiettivi climatici nazionali” e definisce i “limiti di emissione annuali” di gas serra fino al 2030. La pronuncia, ritenendo insufficienti le misure previste, afferma l’esistenza di un vero e proprio “diritto delle future generazioni” che riguarda anche la preservazione dell’ambiente. In tale ambito si situano alcune sentenze sul nesso tra salute e ambiente della CEDU. Secondo la Corte, «la tutela della vita e dell’integrità fisica ai sensi dell’art. 2 prima frase GG comprende la protezione contro i danni causati dall’inquinamento ambientale, indipendentemente da chi o quali circostanze siano all’origine del danno». Per i giudici la tutela costituzionale è anche apprestata dall’art. 14 della GG che tutela il diritto di proprietà, indicando esplicitamente l’ipotesi che il cambiamento climatico possa provocare danni a proprietà come terreni agricoli o immobili, ad esempio, a causa dell’innalzamento del livello del mare o della siccità. Pertanto, dalle stesse norme costituzionali deriva «il dovere di protezione dello Stato» che comprende «il dovere di proteggere la vita e la salute dai rischi posti dai cambiamenti climatici, inclusi eventi meteorologici estremi legati al clima come ondate di calore, incendi boschivi, uragani, forti piogge, alluvioni, valanghe e smottamenti». Tale dovere di protezione dello Stato «può inoltre dar luogo a un dovere oggettivo di proteggere le generazioni future».
La sentenza è rilevante anche sotto un altro profilo in quanto ha dichiarato “costituzionalmente ammissibili” le doglianze presentate dalle persone fisiche in quanto tali e il richiamo all’art.20a della Costituzione tedesca (introdotto nel 1994) in cui sussiste un articolo diretto alla protezione dei cd fondamenti naturali della vita e degli animali e che configura una responsabilità dello Stato sia nella protezione sia nel legiferare in maniera adeguata.
Si tratta di primi passi ma certamente sono segnali importanti che possono incidere anche sulle cause ancora oggi pendenti davanti alla Corte europea per la salvaguardia dei diritti dell’’uomo dove si è in attesa dell’esito di ricorsi italiani (per quanto riguarda l’ILVA) e dei ricorsi promossi da giovani portoghesi (proprio in relazione alle misure insufficienti per il cambiamento climatico).