di Adriana Raimondi

Con distinti decreti, il Tribunale Ordinario di Roma ha deciso, in data 18 ottobre 2024, di non convalidare il trattenimento di dodici migranti nei centri amministrativi albanesi, da poco costituiti in attuazione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria (c.d. Protocollo Italia-Albania, firmato a Roma il 6 novembre 2023 ed entrato in vigore il 25 marzo 2024).

Le decisioni del Tribunale di Roma prendono le mosse dall’esame dell’art. 4 comma 3 del Protocollo Italia-Albania, ove si legge che “le competenti autorità albanesi consentono l’ingresso e la permanenza nel territorio albanese dei migranti accolti nelle strutture di cui al paragrafo 1, al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio previste dalla normativa italiana ed europea. Nel caso in cui venga meno, per qualsiasi causa, il titolo della permanenza nelle strutture, la Parte italiana trasferisce immediatamente i migranti fuori dal territorio albanese”.

In virtù del citato art. 4, comma 3 del Protocollo, al trattenimento del richiedente protezione internazionale nei centri albanesi dovrà necessariamente applicarsi la procedura accelerata prevista dall’art. 28-bis del d.lgs. n. 25/2008 (come recentemente modificata dalla legge 50/2023).

Detta procedura, tuttavia, è applicabile solo a determinate categorie di persone ed è soggetta a specifiche condizioni. In particolare, l’art. 28-bis comma 2, lettere b e b-bis della citata legge, subordina la procedura accelerata alla seguente casistica: «b) domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente direttamente alla frontiera o nelle zone di transito di cui al comma 4, dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli; b-bis) domanda di protezione internazionale presentata direttamente alla frontiera o nelle zone di transito di cui al comma 4 da un richiedente proveniente da un Paese designato di origine sicura ai sensi dell’articolo 2-bis»

A parere del Tribunale capitolino, nessuna di queste condizioni poteva dirsi sussistente nel caso di specie. Infatti, le circostanze e modalità di arrivo dei migranti presso le suddette aree, previste dal Protocollo e dalla legge di ratifica, escludono che possa anche solo ipotizzarsi l’applicazione della procedura accelerata di frontiera ai sensi della lett. b).

Quanto all’applicabilità dell’ipotesi di cui alla lettera b-bis), il Tribunale di Roma ritiene di dover interpretare la nozione di paese sicuro alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea  (Grande Sezione, del 4/10/2024, causa C-406/22) la quale ha affermato che “l’articolo 37 della direttiva 2013/32 (c.d. direttiva procedure) deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un paese terzo sia designato come paese di origine sicuro qualora talune parti del suo territorio non soddisfino le condizioni sostanziali per una siffatta designazione, di cui all’allegato I di tale direttiva”. Allo stesso modo, un paese non può essere considerato sicuro nel momento in cui non può dimostrarsi “che, in modo generale e uniforme, non si ricorre mai alla persecuzione quale definita all’articolo 9 della direttiva2011/95, tortura o pene o trattamenti inumani o degradanti e che non vi sia alcuna minaccia dovuta alla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato internazionale o interno”.

Quindi, conclude il Tribunale di Roma, “alla luce dell’interpretazione vincolante del diritto dell’Unione fornita dalla citata sentenza, non è possibile designare come sicuro un Paese dove si ricorre alla persecuzione quale definita dall’articolo 9 della direttiva 2011/95, tortura o pene o trattamenti inumani o degradanti verso categorie di persone o vi siano minacce dovute alla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato internazionale o interno in parti del suo territorio”.

Pertanto, Egitto e Bangladesh, non possono ritenersi paesi di origine sicura, in quanto “nelle conclusioni della scheda-Paese dell’istruttoria del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per l’aggiornamento del sopra menzionato decreto interministeriale, basate su informazioni tratte da fonti qualificate di riferimento” entrambi i Paesi sono definititi sicuri “con eccezioni per alcune categorie di persone”.

Di conseguenza, viene meno il presupposto stesso per l’applicazione della procedura accelerata, ovvero la provenienza da un paese sicuro, costituente il titolo per il trattenimento nei centri albanesi; trattenimento che, dunque, non potrà essere convalidato.

Tale conclusione, ben lungi dall’essere arbitraria, è ancorata a quanto stabilito nel decreto interministeriale emanato ai sensi dell’art. 2-bis del d.lgs. n° 25/2008 (che a sua volta rinvia alle schede-paese trasmesse dal Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale) nonché al diritto dell’Unione Europea, di cui la Corte di Giustizia fornisce un’interpretazione senz’altro vincolante.