di Valentina De Giorgio

Il 24 maggio 2024, la Corte internazionale di giustizia (CIG) dell’Aia ha emesso una nuova ordinanza nell’ambito del procedimento avviato lo scorso dicembre dal Sudafrica contro Israele, in relazione agli interventi militari intrapresi da quest’ultimo nella Striscia di Gaza a partire dall’8 ottobre 2023, in risposta agli attacchi del gruppo armato Hamas del 7 ottobre 2023. Il governo Israeliano è stato accusato di aver violato gli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948. (Per un approfondimento sull’introduzione del procedimento, si rinvia all’articolo dell’Avv. Emilio Robotti pubblicato il 31 gennaio 2024).

Nell’ambito di tale procedimento, la Corte dell’Aia negli ultimi mesi ha emesso una serie di ordinanze nei confronti di Israele, raccomandandosi di adottare tutte le misure necessarie a prevenire gravi violazioni degli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948. In particolare, si richiamano le ordinanze del 26 gennaio, del 28 marzo e del 5 aprile, a seguito delle quali il Sudafrica ha continuato a richiedere l’adozione di misure provvisorie aggiuntive, non ritenendo sufficienti quelle indicate dalla CIG.

In particolare, la nuova richiesta di misure provvisorie presentata dal governo sudafricano, che ha portato all’adozione dell’ordinanza in parola, è stata motivata dall’incursione terrestre che l’esercito israeliano ha iniziato il 7 maggio 2024 nel governatorato di Rafah. Dopo settimane di intensi bombardamenti, al 18 maggio 2024 circa 800.000 palestinesi sono stati costretti a lasciare la zona di Rafah, zona che è stata definita “ultimo rifugio” per 1,5 milioni di palestinesi sfollati dal nord e dal centro di Gaza.

Con l’ordinanza del 24 maggio scorso, ritenendo che la situazione derivante dall’offensiva militare israeliana a Rafah comporti un ulteriore rischio di pregiudizio irreparabile ai diritti dei palestinesi lì rifugiati e ritenendo sussistente un rischio reale e imminente che tale pregiudizio venga causato prima che la Corte prenda la sua decisione finale, la Corte dell’Aia ha adottato ulteriori misure provvisorie.

Nello specifico, ha stabilito che:

“[l]o Stato di Israele, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, e in considerazione del peggioramento delle condizioni di vita dei civili nel governatorato di Rafah, dovrà: […]

[f]ermare immediatamente la sua offensiva militare e qualsiasi altra azione nel governatorato di Rafah che possa infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla sua distruzione fisica, totale o parziale; […]

[m]antenere aperto il valico di Rafah per la fornitura senza ostacoli di servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari; […]

[a]dottare misure efficaci per garantire l’accesso senza ostacoli alla Striscia di Gaza di qualsiasi commissione d’inchiesta, missione d’indagine o altro organo investigativo incaricato dagli organi competenti delle Nazioni Unite di indagare sulle accuse di genocidio […].”

Inoltre, lo Stato di Israele dovrà presentare alla Corte una relazione su tutte le misure adottate per dare attuazione all’ordinanza in parola, entro un mese dalla data della sua emissione, ovvero entro il 24 giugno p.v.

Dunque, la nuova ordinanza ha segnato un punto di rottura rispetto alle ordinanze precedenti, le quali si erano limitate ad imporre al governo israeliano di adottare tutte le misure necessarie a prevenire gravi violazioni degli obblighi internazionali. Il 24 maggio, invece, la Corte ha ordinato ad Israele di cessare immediatamente gli attacchi militari nel governatorato di Rafah, al fine di garantire che la zona definita “ultimo rifugio” dei civili palestinesi non si riduca ad un cimitero a cielo aperto.