di Adriana Raimondi
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 79 del 28 marzo 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge 4 maggio 1983 n. 184, nella parte in cui, rinviando all’art. 300 co 2 del codice civile, prevede che l’adozione in casi particolari non produce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.
Dall’ordinanza di rimessione del Tribunale per i minorenni di Bologna emergeva che, con ricorso del 29 ottobre 2020, M.M. chiedeva l’adozione della minore, nata da gestazione per altri e figlia biologica del partner, ai sensi dell’art. 44, comma 1 lett. d) della legge n. 184 del 1983, nonché il riconoscimento dei rapporti civili della minore con i propri parenti quale effetto della stessa sentenza di adozione.
Il giudice a quo affermava di poter accogliere la domanda di adozione (in questo senso Cass. Sez. Un., sentenza 8 maggio 2019 n. 12193; sez. I civile, sentenza del 26 maggio 2016, n. 12962), ma di non poter riconoscere i rapporti civili della minore con i parenti del padre ricorrente quale effetto del vincolo adottivo. Tale impossibilità andava rinvenuta nell’esplicito rinvio che l’art. 55 della legge n. 184 del 1983 opera all’art. 300 c.c., ovvero alla disciplina relativa all’adozione di maggiorenni.
Il giudice rimettente riteneva quindi necessario sollevare questione di legittimità costituzionale del rinvio che l’art. 55 della legge n. 184 del 1983 opera all’art. 300, con riferimento agli artt. 3, 31, 117 co 1 (in relazione all’art. 8 CEDU) della Costituzione essenzialmente per due ordini di ragioni.
L’esclusione della disciplina nell’adozione in casi particolari di rapporti civili tra l’adottato e la famiglia dell’adottante, a parere del giudice a quo, sarebbe in primo luogo contraria agli artt. 3 e 31 Cost in quanto contrastante “con il principio di parità di trattamento di tutti i figli, nati all’interno o fuori dal matrimonio e adottivi, che trova la sua fonte costituzionale negli artt. 3 e 31 Cost. ed è stato inverato dalla riforma sulla filiazione (l. 219/2012) e dal rinnovato art. 74 cc che ha reso unico senza distinzioni il vincolo di parentela che scaturisce dagli status filiali con la sola eccezione dell’adozione del maggiorenne”.
In secondo luogo tale disciplina risulterebbe in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art 8 della CEDU, “in quanto impedi[rebbe] al minore inserito nella famiglia costituita dall’unione civile di godere pienamente della sua “vita privata e familiare” intesa in senso ampio, comprensiva di ogni espressione della personalità e dignità della persona ed anche del diritto alla identità dell’individuo”.
Tale posizione veniva avvalorata dalla Consulta nella sentenza in commento, mediante un percorso argomentativo che ripercorre l’evoluzione dell’istituto dell’adozione in casi particolari.
L’adozione in casi particolari nasceva infatti come istituto marginale, nettamente differenziato dall’adozione piena e idoneo a far fronte a situazioni particolari nelle quali può trovarsi il minore. Le ipotesi per cui può darsi luogo a siffatta adozione, scrive ancora la Consulta, potevano inizialmente essere sussunte in due ipotesi: la prima, consistente nel valorizzare l’effettività di un rapporto instauratosi con il minore (art. 44 co. 1 lett. a e lett. b); la seconda risiederebbe invece nella difficoltà o nella impossibilità per taluni minori di accedere ad una adozione piena (art. 44 co 1 lett. c e d).
L’evoluzione giurisprudenziale ampliava innanzitutto la nozione di “impossibilità” cui si riferisce l’art. 44 lett. d) secondo cui l’adozione in casi particolari può essere disposta “quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”; tale impossibilità deve riferirsi non solo ad un impedimento di fatto, ma anche ad un impedimento di diritto.
In questo modo l’istituto in commento ampliava le sue rationes in modo tale da ricomprendere nel suo ambito applicativo anche i minori che versano in stato di semi-abbandono (in ottemperanza delle indicazioni fornite dalla Corte EDU nella sentenza Zhou c. Italia del gennaio 2014) nonché i minori che hanno una relazione affettiva con il partner del genitore biologico, qualora il primo sia impossibilitato ad adottarlo (il convivente di sesso diverso del genitore biologico o il partner di un unione civile o il convivente dello stesso sesso del genitore biologico – c.d. stepchild adoption).
Il percorso evolutivo dell’istituto incrocia inevitabilmente le tematiche legate alla PMA e alla gestione per altri.
La Corte ricordava come, nella nota sentenza n. 33 del 2021 – in materia di gestazione per altri – ella stessa aveva evidenziato come l’istituto in esame offrisse “una forma di tutela agli interessi del minore certo significativa”, ma comunque “non del tutto adeguata al metro dei principi costituzionali e sovranazionali”. Tra le ragioni di tale affermazione si rinveniva senz’altro l’impossibilità di istituire rapporti civili tra l’adottato e la famiglia dell’adottante per il tramite dell’adozione in casi particolari, stante il permanere del rinvio che la normativa in materia fa all’art. 300 anche dopo la riforma della filiazione del 2012 (legge del 10 dicembre 2012, n. 219).
Si osservava inoltre che la riforma della disciplina della parentela sia principalmente focalizzata sulla protezione del minore e sull’esigenza che egli cresca “con il sostegno di un adeguato ambiente familiare” e che l’adozione in casi particolari abbia l’obiettivo di realizzare il miglior interesse del minore (art. 57 co 1 legge n. 184/1983). Per di più il legislatore, ben prima della novella dell’art. 74 c.c., con l’art. 57 co 2, lasciava intendere che l’adozione di un minore non possa prescindere dal suo inserimento in un contesto familiare, tant’è che il giudice, decidere sull’adozione in casi particolari, deve valutare anche “l’ambiente familiare degli adottanti”.
Secondo la Consulta “il quadro normativo richiamato palesa, dunque, che il minore adottato ha lo status di figlio e nondimeno si vede privato del riconoscimento giuridico della sua appartenenza proprio a quell’ambiente familiare, che il giudice è chiamato, per legge (art. 57, comma 2, della legge n. 184 del 1983), a valutare, al fine di deliberare in merito all’adozione. Ne consegue che, a dispetto della unificazione dello status di figlio, al solo minore adottato in casi particolari vengono negati i legami parentali con la famiglia del genitore adottivo”. Del tutto irragionevole appariva dunque il richiamo alla disciplina di cui l’art. 300 c.c. che regolamenta l’adozione del maggiore d’età, istituto plasmato su esigenze di carattere prettamente patrimoniale.
Per queste ragioni la disciplina in commento contrasta con gli artt. 3 e 31 della Costituzione.
Non meno interessanti risultano le considerazioni che la Corte Costituzionale effettua relativamente alla violazione dell’art. 117 co 1 Cost, in relazione all’art. 8 CEDU.
La Corte europea dei diritti dell’uomo già nel 1979 (Marckx c. Belgio, sentenza del 13 giugno 1979) affermava che “in the Court’s opinion, “family life” within the meaning of Article 8 includes the ties between near relatives, for instance those between grandparents and grandchildren, since such relatives may play a considerable part in family life. “Respect” for a family life so understood implies an obligation for the State to act in a manner calculated to allow these ties to develop normally”. Nel corso degli anni poi, la Corte EDU, trovatasi più volte a pronunciarsi su temi legati alla gestazione per altri e ai diritti riproduttivi in generale, legava inscindibilmente filiazione e diritto all’identità del minore, attraendoli nell’ambito operative dell’art. 8 e quindi nel concetto di vita privata e familiare.
Il riconoscimento al minore di legami familiari con i parenti del genitore, quale espressione del diritto all’identità del minore, rientra quindi nella nozione di vita familiare (art. 8 CEDU). La norma censurata si pone per queste ragioni in contrasto con l’art. 8 CEDU.
In conclusione, l’art. 55 della legge 184 del 1983, nella parte in cui esclude, attraverso il rinvio all’art. 300, secondo comma c.c., l’instaurarsi di rapporti civili tra il minore adottato in casi particolari e i parenti dell’adottante, vìola gli artt. 3, 31, secondo comma, e 117, primo comma, Cost. in relazione all’art. 8 CEDU.
La pronuncia in commento risulta ancora più di interesse se la si considera in correlazione con la sentenza della Corte Costituzionale n. 33 del 2021 e con il parere consultivo reso dalla Grande Camera, ai sensi Protocollo 16, nel 2019 sul tema della gestazione per altri. Nel parere citato, poi ripreso dalla sentenza n. 33, la Corte EDU stabiliva che gli stati membri conservano un certo margine di discrezionalità nel riconoscimento del legame genitoriale con il genitore intenzionale – nei casi di gestazione per altri – purchè tale riconoscimento sia celere ed effettivo (“It was important, however, for the procedure laid down by domestic law to ensure that those means could be implemented promptly and effectively, in accordance with the child’s best interests”).
Nel pronunciare la declaratoria di illegittimità Costituzionale la Corte commentava che in questo modo viene meno “un ostacolo all’effettività della tutela offerta dall’adozione in casi particolari (Corte EDU, sentenza D. contro Francia, paragrafo 51; decisione C. ed E. contro Francia, paragrafo 42; nonché il parere del 9 aprile 2019, paragrafo 54) e consente a tale istituto, la cui disciplina tiene in equilibrio molteplici istanze implicate nella complessa vicenda, di garantire una piena protezione all’interesse del minore”.
Se senz’altro deve essere accolta con favore la pronuncia in commento, occorre però sottolineare – in relazione all’idoneità dell’adozioni in casi particolari a regolamentare i rapporti tra genitore intenzionale e minore nell’ambito della gestazione per altri – che siamo ancora ben lontani dal poter ritenere rispettati i parametri imposti dall’Advisory Opinion della Corte EDU sopra citata, nonché i parametri fissati dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 33 del 2021 e dal poter quindi ritenere “rapido ed effettivo” il riconoscimento del legame genitoriale scaturente dall’istituto dell’adozione in casi particolari nei casi di specie.