di Valentina De Giorgio

Con sentenza del 6 febbraio 2025, la Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata sul caso Italgomme Pneumatici S.r.l. e altri c. Italia (ricorsi riuniti nn. 36617/18, 7525/19, 19452/19, 52473/19, 55943/19, 261/20, 7991/20, 8046/20, 20062/20, 34827/20, 26376/21, 28730/21 e 20133/22), in merito all’attività ispettiva della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate in materia di antiriciclaggio.

I ricorsi presentati alla Corte riguardavano gli accessi e ispezioni svolti da parte di funzionari o agenti delle suddette autorità presso i locali commerciali, le sedi legali o i locali adibiti ad attività professionali dei ricorrenti, al fine di valutare la loro conformità agli obblighi fiscali. Nello specifico, le misure adottate dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate venivano contestate sulla base dell’eccessiva portata dei poteri conferiti ad esse, nonché per la mancanza di garanzie procedurali idonee a proteggere da abusi coloro i soggetti sottoposti ad ispezioni o controlli.

I ricorrenti sostenevano che l’accesso e l’ispezione dei loro locali commerciali o dei locali utilizzati per attività professionali, nonché la copia o il sequestro dei loro registri contabili, libri societari e altri documenti fiscali, violassero l’art. 8 CEDU (diritto alla vita privata e familiare). In particolare, lamentavano l’inadeguatezza del quadro giuridico nazionale, il quale non delimitava sufficientemente l’ambito di discrezionalità conferito alle autorità nazionali nei procedimenti ispettivi, anche in ragione del fatto che le misure contestate non erano state sottoposte a un controllo giudiziario o indipendente ex ante né ad un effettivo controllo ex post.

La Corte, ritenuto ammissibile il ricorso, ha riscontrato una violazione dell’art. 8 CEDU. Infatti, pur tenendo in considerazione l’ampio margine di apprezzamento degli Stati in materia, la Corte ha ritenuto che “il quadro giuridico nazionale abbia concesso alle autorità nazionali un potere discrezionale illimitato sia per quanto riguarda le condizioni in cui le misure contestate potevano essere attuate, sia per quanto riguarda la portata di tali misure” e che “[a]llo stesso tempo, il quadro giuridico nazionale non forniva sufficienti garanzie procedurali, poiché le misure contestate, sebbene suscettibili di alcuni rimedi giuridici, non erano soggette a un controllo sufficiente.

Per tali ragioni, la Corte ha affermato che, sebbene la legislazione italiana abbia previsto una base giuridica generale per le misure in questione, tale legislazione non soddisfa il requisito della “qualità della legge” di cui all’art. 8 CEDU.

Dunque, ai sensi dell’art. 46 (forza vincolante ed esecuzione delle sentenze), la Corte ha ritenuto necessaria l’adozione di misure generali a livello nazionale, invitando l’Italia ad allineare la propria legislazione e prassi alle affermazioni contenute nella sentenza in commento.